Roma, 15 novembre 1960. Alberto Manzi (Santamaria) si sta preparando nei camerini degli studi televisivi RAI per la conduzione del programma “Non è mai troppo tardi”. Egli vede dalla finestra un gruppo di bambini giocare e ripensa alle sue prime esperienze didattiche.
All’inizio di questo flashback, Manzi si ritrova nella Roma del 1946, nel momento in cui si reca al provveditorato, dove scopre di non comparire nella graduatoria per le supplenze, pur essendosi diplomato con il massimo dei voti. Incontra così il Provveditore, Nazareno Padellaro (Molinari), il quale gli dice che è disponibile una cattedra al carcere minorile “Aristide Gabelli”. Manzi accetta e prende servizio presso l’istituto di rieducazione, dove il Direttore (Colangeli) gli fa presente che, per ragioni di sicurezza, non si possono usare né libri né cancelleria. I detenuti sono 86, quasi tutti analfabeti, repressi e trattati duramente. Il giovane maestro riesce a conquistare la loro fiducia e li convince dell’importanza della lettura e della scrittura, tra l’altro introducendo fra le celle matite e fogli all’insaputa del Direttore e delle guardie. Gradualmente il Direttore scopre l’efficacia dei metodi didattici di Manzi e li approva.
Nel frattempo, il maestro ritrova Ida (Grimaudo), la fidanzata che cercava da due anni, poiché la guerra li aveva tenuti separati; la donna gli rivela di aver avuto da lui una figlia. I due coronano il sogno di sposarsi e, poco tempo dopo, Ida annuncia al marito una nuova gravidanza.
Sempre a Roma Manzi consegue con lode la laurea in Pedagogia e accetta l’offerta del professor Volpicelli (Messeri) di diventare suo assistente, attività non compatibile, però, con il lavoro in carcere.
Nel 1954 Manzi torna a fare il maestro, nella scuola elementare “Fratelli bandiera” della capitale. La Direttrice (Grimalda) non approva però i suoi metodi innovativi. Difatti, egli organizza degli esperimenti scientifici nel giardino della scuola, mostrando per esempio ai bambini quali oggetti galleggiano nell’acqua e quali no. Inoltre, dispone i banchi della propria aula vicini gli uni agli altri, sedendosi tra gli alunni, e sprona una bimba poliomielitica a fare le scale, mentre solitamente veniva portata in braccio dal bidello. La Direttrice chiede un’ispezione del Provveditorato e Manzi viene sospeso per alcune settimane. Egli, tuttavia, continua a non allinearsi alla metodologia didattica del tempo e non mette voti sulle pagelle dei propri allievi, ma soltanto una scritta: “Fa quel che può, quel che non può non fa” (lo sceneggiato narra in tal modo i fatti, mentre nella realtà questa frase viene coniata da Manzi quando egli si rifiuta di compilare i giudizi analitici introdotti nella scuola elementare con la Legge 517/1977).
Nel frattempo, alcuni ragazzi, che erano stati alunni di Manzi al carcere minorile, vanno a cercarlo. Egli li aiuta a porsi sulla retta via e a trovare un lavoro onesto.
La narrazione si sposta poi negli uffici della RAI, nel novembre 1960. Manzi partecipa alle selezioni della ricerca di un maestro per condurre un programma televisivo. Il dottor Galbiati (Tidona), uno dei funzionari RAI, colpito dall’originalità dei suoi metodi, decide di affidargli l’incarico.
Così, il 15 novembre 1960 viene trasmessa la prima puntata di “Non è mai troppo tardi”. Manzi esordisce facendo intuire ai telespettatori la parola da imparare attraverso dei disegni, uno dei metodi didattici più noti della sua televisione scolastica. Il programma, gradualmente, ottiene un notevole seguito di pubblico e alla redazione RAI arrivano numerose lettere di ammirazione per il conduttore.
Anche grazie a questo successo televisivo, la Commissione ministeriale che indagava sull’operato scolastico di Manzi decide di permettergli di continuare a insegnare.
Fonti
R. Farné, Buona maestra TV. La RAI e l'educazione da Non è mai troppo tardi a Quark, Roma, Carocci, 2003, pp. 41-53.
A. Manzi, R. Farnè, Non è mai troppo tardi. Testamento di un maestro, Bologna, EDB, 2017.
M. Aglieri, «Il maestro con la classe più grande del mondo». Le rappresentazioni della pedagogia di Alberto Manzi nell’intervista “TV buona maestra” (1997) e nella fiction “Non è mai troppo tardi” (2014), in P. Alfieri (a cura di), Immagini dei nostri maestri. Memorie di scuola nel cinema e nella televisione dell’Italia repubblicana, Roma, Armando, 2019, pp. 129-154.