Si tratta del primo dei sei racconti ambientati tra Genova e Camogli, paese in cui vive l’autore, che costituiscono la raccolta ed è la scuola lo spazio in cui si svolge buona parte della narrazione. Qui, con fine ironia, si lascia emergere la retorica vuota di certi passaggi istituzionali calata nelle vite, a tratti poco edificanti, di preside e insegnanti, decadenti come lo spazio fisico dell’istituto in cui si trovano. «Doveva essere un “collegio” importante […]. La spelonca semibuia e sempre male illuminata, stinta e rabberciata lungo tutto lo zoccolo che restava a portata di pedate (qualcuno si ostinava a chiamarla Aula Magna) rintronò per un sussulto emotivo al primo atto protocollare del nuovo capo d’istituto: Orazio Aquilotto che si insediava a sessantaquattr’anni alla direzione del ginnasio-liceo Leon Battista Alberti, il più antico e, in altri tempi, prestigioso della città» (p. 23).
