Il documentario intende ricostruire, attraverso le testimonianze di ex allievi e di persone che hanno collaborato, o semplicemente conosciuto don Lorenzo Milani, l’opera da lui profusa a Barbiana dal 1954 fino al 1967, anno della sua morte. La tesi sostenuta dal regista è che l’originale esperienza scolastica, realizzata in un’isolata località collinare della provincia di Firenze, sia venuta meno con la scomparsa del suo fautore, benché i principi pedagogici e il messaggio cristiano che l’hanno animata continuino a ispirare chi ne è stato testimone e diretto protagonista.
Giancarlo, Silvano, Mileno, Adriano, Luciano, Nevio, Fabio, Mario, Edoardo, Francuccio, Nello sono i nomi di alcuni dei ragazzi, ormai diventati adulti, che il regista Bernard Kleindienst ha intervistato per rievocare i principali snodi del loro percorso accanto a don Milani. Immagini d’epoca, tratte dalle riprese effettuate a Barbiana da Angelo D’Alessandro nel 1965, sono intervallate da immagini recenti ed interviste ai testimoni, al fine di sottolineare quanto gli insegnamenti di don Milani abbiano influito sul futuro personale e professionale di ciascuno di loro.
Fra le principali questioni trattate, a sostegno del carattere innovativo del sistema pedagogico sperimentato a Barbiana, vi sono la centralità dell’istruzione quale strumento di emancipazione umana e sociale, l’originalità del metodo educativo attivo adottato, il mutuo insegnamento fra ragazzi di età differenti, il dialogo e l’intermediazione con le famiglie del posto per combattere la piaga dell’abbandono scolastico, il carattere selettivo e classista della scuola media unica e la diffidenza che gli insegnanti di quest’ultima avevano nei confronti dell’opera di don Milani, la valenza formativa riconosciuta all’istruzione tecnica e al lavoro manuale, le difficoltà della vita di montagna.
Fra i concetti maggiormente ricorrenti nelle interviste agli ex allievi compaiono quelli di "scuola come rivoluzione" e di studente come “rivoluzionario obbediente”, dell’alfabetizzazione come "saper dominare la parola e intendere la parola", della critica a forme di intrattenimento come il football da considerarsi al pari dell’“oppio”, dell’attenzione riservata ai fatti nazionali e internazionali grazie anche ad una sistematica lettura dei quotidiani, del rigore e dell’autorevolezza del maestro Lorenzo Milani, della corrispondenza con la scuola di Mario Lodi e delle visite da parte di diverse personalità italiane e straniere.
Nel documentario, si vede come l’aula di Barbiana sia rimasta la stessa, con i cartelloni appesi ai muri, i tavoli di legno tutti intorno e il cartello “I care” sulla porta d’entrata, ad esemplificare un ambiente di fecondo e sereno lavoro cooperativo. Dalle medesime immagini emerge anche il ritratto a 360 gradi di un uomo, sacerdote e insegnante, in grado di realizzare in una situazione di deprivazione sociale e culturale, un’esperienza di scuola in cui l’istruzione è finalizzata alla vita, perché ha posto al centro dell’attenzione la relazione educativa quale migliore terreno per promuovere la formazione della personalità di ciascun ragazzo.
Titolo della versione originale dell’audiovisivo: Adieu, Barbiana
Titolo della versione spagnola: Adiós Barbiana, Adiós
Fonti
P. Alfieri, C. Frigerio, The Memory of an Ideal School: The Work of Don Lorenzo Milani as Represented by Cinema and Television (1963-2012), in C. Yanes-Cabrera, J. Meda, A. Viñao (a cura di), School Memories: New Trends in the History of Education, Cham, Springer, 2017, pp. 219-230.
F. Ruozzi, Riflettori su Barbiana: teatro, cinema e televisione, in R. Micheletti, R. Moro (a cura di), Salire a Barbiana. Don Milani dal Sessantotto a oggi, Roma, Viella, 2017, pp. 153-203.